martedì 19 agosto 2014

Infosannio: Altro articolo che ricorda Raffaele Zicconi

Girando in rete ho trovato un grande interesse del sud e della Sicilia in particolare nel ricordare i caduti. .Questo uno stralcio di un articolo comparso su Infosannio, e di seguito l'articolo intero.........."Lo ha ripetuto Mario Avagliano nel suo recente articolo su Raffaele Zicconi di Sommatino in provincia di Caltanissetta assassinato nell’eccidio nazista delle Fosse Ardeatine il 24  marzo 1944.(Raffaele Zicconi.L’Icaro siciliano che morì alle Fosse  Ardeatine, in Patria Indipendente,n.7 del 24 luglio 2011).Sappiamo che alle Fosse Ardeatine scomparvero altri siciliani antifascisti........"

http://infosannio.wordpress.com/2012/12/31/la-resistenza-come-problema-nazionale-civile-e-storiografico-la-vulgata-storiografica-di-un-sud-passivo-nella-guerra-di-liberazione/






resistenzaLa vulgata storiografica di un Sud passivo di fronte alla Resistenza si deve involontariamente alla ricostruzione del grande storico valdostano Federico Chabod nelle sue dodici lezioni parigine del gennaio 1950 su “L’Italia contemporanea(1918-1948)“,tradotte a cura di Simona Martini Vigezzi e Sergio Caprioglio e pubblicate da Einaudi;ma essa ha  ormai esaurito la sua funzione divulgativa e ideologica a seguito dei nuovi elementi conoscitivi,delle più libere ricerche d’archivio e delle più attente testimonianze acquisite da esperti e appassionati ricercatori.E pertanto la tesi di un Sud qualunquista che non ha potuto conoscere il fenomeno partigiano e resistenziale,tranne che nelle eccezionali giornate di Napoli,ha ormai perduto la sua apparente  rilevanza scientifica:“Questo è il cosiddetto regno delSud.Qui non troviamo,non possiamo trovare la Resistenza[…]In altre parole,ciò significa che,sia dal punto di vista politico sia da quello militare,la popolazione del Mezzogiorno non può conoscere il fenomeno partigiano,le grandi giornate di Napoli-ripeto-sono un’eccezione che non muta la situazione generale”(Einaudi 1961,p.120).Il giudizio di Chabod,così tagliente e asseverativo,era stato accolto con entusiasmo da tutta la storiografia nazionale,ma ha dovuto subire il primo attacco indiretto con il Dizionario della Resistenza,Einaudi 2000-2001,a cura di Collotti-Sandri-Sessi,e poi con altri rilievi geograficamente più puntuali e politicamente e militarmente più determinati ad opera di storici locali.
L’importanza della più recente ricerca consiste proprio,più che nei risultati finora conseguiti,nella forte sollecitazione in direzione di una revisione conoscitiva generale che ha ridato al Sud il suo ruolo storico e ha messo in campo,oltre ai partigiani,altri soggetti sociali come concreti protagonisti della lotta resistenziale.E non deve sembrare provocatorio collocare l’inizio della Resistenza in Sicilia,in coincidenza con lo sbarco degli angloamericani nella costa più a sud  dell’Isola,nella sporgenza meridionale tra Siracusa e Gela,in quella notte fatale del 9-10 luglio 1943.Da quel  punto geografico le unità corazzate americane del generale Patton puntarono piuttosto  rapidamente su Trapani e Palermo e quelle inglesi di Montgomery marciarono più lentamente verso Catania e Messina.Ma nel mezzo rimase una popolazione che prese posizione e reagì agli attacchi tedeschi.
La cosa che più colpisce nei dati di più recente acquisizione è la scoperta che molti siciliani parteciparono all’evento resistenziale ed anzi furono i primi ad iniziare la lotta di liberazione dai tedeschi quando ancora l’Italia era alleata della Germania nazista e non si prevedeva un capovolgimento di alleanza,che avverrà formalmente solo il 13 ottobre 1943.E in Sicilia,infatti,si verificarono duri scontri tra popolazione e tedeschi in grossi e piccoli paesi,ed eccidi di notevole portata,di cui nessuno fino a qualche tempo fa aveva dato notizia,tranne lo scrittore Nino Savarese nella sua “Cronachetta siciliana dell’estate 1943”che ha cercato di far conoscere l’opposizione siciliana ai tedeschi e la feroce reazione di costoro.Una delle stragi  più gravi segnalate da Savarese avvenne in un paese della cintura etnea,Castiglione di Sicilia,in cui i tedeschi il 12 agosto 1943 uccisero 16 persone,ne ferirono altrettante e misero a ferro e a fuoco l’abitato.Ma questi fatti non furono isolati nella regione,nella quale si verificarono gravi eccidi di civili e duri scontri con i tedeschi.Si ricordano a tal proposito,e con ricchezza di notizie,gli avvenimenti del Catanese,del Messinese,dell’Ennese e del Palermitano,che mettono in luce la presenza inconfutabile e ben  documentata del  movimento resistenziale in Sicilia..
Una più chiara ricognizione storica negli ultimi tempi è collegata alla ricerca  sui siciliani periti fuori dell’Isola,ricerca promossa inizialmente e meritoriamente da Giuseppe Santoro dell’ANPI di Messina(I siciliani periti nei campi di sterminio in Germania,ANPI di Messina 1986)e poi da Carmela Zangara dell’Istituto Siciliano per la Storia dell’Italia contemporanea “Carmelo Salanitro” di Catania(Partigiani siciliani caduti,,ISSICO di Catania 2007).Nella prefazione al lunghissimo elenco dei siciliani periti per la Resistenza e individuati dalla ricercatrice mediante il luogo di nascita è scritto significativamente:“La ricerca di partigiani siciliani caduti in Alta Italia durante la guerra di liberazione 1943-1945 ha lo scopo di evidenziare il contributi dei siciliani alla Resistenza al fine di onorarne la memoria e sfatare il luogo comune che vuole la Resistenza geograficamente e umanamente delimitata.Al Nord fu fatta,del Nord è l’appartenenza.Non fu così o almeno non fu sempre e soltanto così,perché ad essa contribuirono quei militari arruolati nell’esercito regolare che all’indomani dell’8 settembre scelsero,consapevolmente o emotivamente,lo sbandamento,favorendo in ogni caso la Resistenza”.Che sono espressioni storiograficamente assai impegnative.
Manca però una tabulazione completa,ch’io sappia,di tutti i siciliani caduti nella lotta resistenziale e,cosa di non minore importanza,non è stato elaborato un dizionario dei siciliani più illustri che  hanno dato un serio contributo all’antifascismo ed alla guerra di liberazione nazionale,a cominciare da Luigi Sturzo(esule dall’ottobre 1924),Concetto Marchesi,Renato Guttuso,Girolamo Li Causi, Pompeo Colajanni, Giorgio La Pira,Luigi Russo,Adolfo Omodeo,Elio Vittorini,Giuseppe Antonio Borgese,Salvatore Quasimodo,Ugo La Malfa, Leonardo Sciascia,Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Riccardo Lombardi,Vitaliano Brancati, Pier Maria Rosso di San Secondo,Vittorio Emanuele Orlando,ecc.La cosa essenziale è però l’avere impostato il lavoro di ricerca per apportare una profonda correzione all’antico luogo comune o,meglio,a quella rovinosa e disdicevole vulgata storiografica che aveva escluso il Sud dalla partecipazione alla lotta di liberazione.
Più in generale,manca una storia organica della Resistenza nel Sud,e sarebbe non solo utile,ma anche necessaria,e renderebbe giustizia alla verità storica,dopo le tante contraffazioni ideologiche,e dimostrerebbe con documentazione verificata la reale entità e consistenza della partecipazione della popolazione meridionale alla lotta resistenziale,man mano che le truppe naziste si ritiravano e gli Alleati faticosamenteavanzavano.Certo,la Resistenza nel Sud fu di breve durata,ma è comunque decisivo il fatto che il paradigma resistenziale della lotta di  liberazione nazionale dal nazifascismo fosse stato in qualche misura elaborato e praticato.Importa la qualità della lotta e non la sua lunghezza.Anche al Nord,del resto,la durata non fu poi cosìlunga.Mai la quantità è prevalsa sulla qualità.
Nei giorni successivi all’8 settembre del 1943,data dell’annuncio dell’armistizio,in molte città del Meridione si registrarono atti di aperta opposizione ai tedeschi.Ne parla per brevi schizzi Giorgio Bocca in un capitolo della sua Storia dell’Italia partigiana,Mondadori 1995,titolato Le ribellioni del Sud,in cui però non si accenna per nulla ai precedenti avvenimenti di Sicilia e si descrive in modo piuttosto sommario,se pure con grande merito,la Resistenza “anarchica” di Napoli,Gaeta, Matera,Potenza, Benevento,Rionero in Vulture,ecc.Da questo quadro non risulta chiaro in sostanza il significato complessivo di una tale ribellione,mentre sarebbe necessario farlo emergere con grande precisione.A Cajazzo,nel Casertano,il 13 ottobre 1943 si verificò un massacro di 23 persone di cui poco si è saputo ed è rimasto incompreso il senso fino alle tenaci  ricerche di G.Agnone e G.Capobianco(v.La barbarie e il coraggio,Napoli 1990).Nel Casertano il numero delle vittime delle stragi fu davvero  impressionante,e ciò non avvenne certo per puro  caso,né per caso furono consumati 27 eccidi nazisti;né per errore tutto il Mezzogiorno fu segnato da stragi ed eccidi(v. Gloria Chianese,Basilicata,Calabria,Campania,Puglia,in Dizionario della Resistenza,nuova edizione 2006,pp.23-32). L’eccidio di Caiazzo,assieme alle varie stragi di Giugliano,Bellona, Teverola,Mugnano,ecc.,si può considerare una modalità ormai perfezionata e omologata del ripugnante stragismo nazista,mentre le quattro giornate di Napoli e le speciali forme di resistenza nel Salernitano,nella Campania e in tutto il Sud  offrono i paradigmi di vere e proprie Resistenze popolari e patriottiche.Ciò conduce ancora una volta a confermare l’esistenza di veri movimenti resistenziali nel Sud,dei quali non è più possibile occultare la realtà per ragioni ideologiche o  di mera opportunità politica.Lo ha ripetuto Mario Avagliano nel suo recente articolo su Raffaele Zicconi di Sommatino in provincia di Caltanissetta assassinato nell’eccidio nazista delle Fosse Ardeatine il 24  marzo 1944.(Raffaele Zicconi.L’Icaro siciliano che morì alle Fosse  Ardeatine, in Patria Indipendente,n.7 del 24 luglio 2011).Sappiamo che alle Fosse Ardeatine scomparvero altri siciliani antifascisti.
Lo storico Carlo Spartaco Capogreco,da parte sua,ha fatto vari studi sui luoghi di confino e sui campi fascisti di internamento al Sud spesso conosciuti solo attraverso le pagine della letteratura.La sua attività divulgativa e di ricerca è stata davvero notevole e non ha esitato ad usare i luoghi di confino nel Centro-Sud anche  come sedi,strumenti e occasioni di formazione della coscienza antifascista e resistenziale degli abitanti locali;e in un’appassionata monografia ha illustrato la figura di Dante Castellucci,detto Facio,un calabrese di Sant’Agata di Esaro in provincia di Cosenza  divenuto(per il tramite del confinato politico Otello Sarzi Maditini)amico dei fratelli Cervi ed eroico protagonista di azioni militari sull’Appennino Tosco-Emiliano e giustiziato in modo infame,ad Adelano di Zeri in Lunigiana,dai suoi stessi compagni di lotta all’alba del 22 luglio 1944(v. Carlo Spartaco Capogreco,Il piombo e l’argento.La vera storia del Partigiano Facio,Donzelli Editore 2007).Perciò la Resistenza non ha trovato impreparata e sguarnita l’area meridionale attraversata dal sacrificio e dall’azione di proselitismo dei confinati politici negli anni dolorosi del regime fascista ed il Sud ha potuto trovare una fonte alternativa di formazione politica.Ed ha partecipato a tutte le vicende nazionali non in modo marginale,ma con intensità e  profondità di propositi.
Il Sud,inoltre,non può essere escluso dalla partecipazione alla lotta resistenziale per un’altra ragione,e cioè per il fatto di per sé evidente che molti militari meridionali sbandati dopo l’otto settembre 1943 costituirono al Nord diverse formazioni partigiane e alimentarono quella che è stata concepita tradizionalmente come l’unicaResistenza.Lo ha riconosciuto per primo,nel dopoguerra,   un letterato ed umanista di chiara fama,il docente Augusto Monti del Liceo Classico “Massimo d’Azeglio” di Torino,in un suo intervento chiarificatore sul numero 4/1952 della rivista togliattiana  “Rinascita” titolato Il movimento della Resistenza e il Mezzogiorno d’Italia.Egli riteneva che le formazioni partigiane che operarono “sui monti che fan ghirlanda alla pianura del Po” furono almeno per il quaranta per cento costituite da uomini del Mezzogiorno.Questi uomini in realtà erano stati in buona parte militari che dopo l’8 settembre 1943,nella fase del cosiddetto sbandamento, abbandonarono la divisa militare e fecero la loro scelta resistenziale,anziché passare più facilmente all’esercito repubblicano di Salò che assicurava vitto, alloggio e quattrini.In alcune città dell’Italia settentrionale in cui si coltiva più degnamente  la memoria storica,le commemorazioni del 25 aprile vengono spesso utilizzate per ricordare,appunto,i partigiani meridionali che hanno pagato con la vita la loro dura e pericolosa scelta antinazista.Potrei indicare molti cippi commemorativi piantati in  Toscana,nell’Emilia,nelle Marche,nel Veneto,nel Piemonte e nella Liguria,in cui la memoria è stata  giustamente rivolta a onorare quegli uomini caduti per la libertà di tutti.
Uno spazio ulteriore dovrebbe essere riservato all’esperienza dell’internamento di quei militari meridionali che non vollero collaborare con l’esercito nazista e che preferirono la terribile scelta dei Lager.I conti esatti non sono ancora stati fatti,anche se,come si è visto,qualche studioso ha già iniziato a compilare l’elenco dei militari siciliani periti nei campi di sterminio.Tra gli IMI colpisce,certo,la vicenda del soldato-ragazzino Gioacchino Virga di Palermo, deportato in diversi Stalag,compagno di prigionia di Alessandro Natta e Giovanni Guareschi e morto di fame e di freddo il 14 marzo 1945 a Norimberga,Sono state di recente rinvenute e pubblicate alcune sue lettere molto strazianti indirizzate alla famiglia,e questa documentazione contribuisce ad arricchire le fonti storiche e serve alla ricostruzione della verità sui militari italiani e,nel nostro caso,su quelli meridionali che non vollero aderire al nazifascismo.Il loro sacrificio non può essere sottaciuto e la loro azione decisa e commovente rientra di diritto,necessariamente,nella storia complessiva della Resistenza,di cui sarebbe ormai  il tempo di procedere ad una ricostruzione storiografica più convincente e verace,come per l’altra e non meno importante opposizione,quella del tutto disarmata,di donne,frati,suore e parroci che hanno svolto un’opera di assistenza e di cura assai rischiosa e civilmente determinante(v. S. Ragonesi,Cristoforo Arduino Terzi.Un vescovo apuano tra fascismo,guerra civile e dopoguerra,Comune di Carrara 2003).Tutto ciò porta alla conclusione che la ricostruzione della Resistenza deve avere  un respiro più largo ed una prospettiva nazionale, e non più localistica e municipalistica,né falsamente ideologica,secondo la più realistica e aggiornata ricerca storiografica.
(di Salvatore Ragonesi)

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