domenica 21 ottobre 2012

Stori@ - il blog di Mario Avagliano: Da Girolimoni alle Ardeatine, in mostra le carte c...

Stori@ - il blog di Mario Avagliano: Da Girolimoni alle Ardeatine, in mostra le carte c...: di Mario Avagliano Le ultime ore dell’occupazione tedesca di Roma sono concitate. Il 3 giugno 1944 le SS sgombrano in fretta e furia dal...

Da Girolimoni alle Ardeatine, in mostra le carte che Kappler non bruciò

di Mario Avagliano

Le ultime ore dell’occupazione tedesca di Roma sono concitate. Il 3 giugno 1944 le SS sgombrano in fretta e furia dal carcere di via Tasso. Il tenente colonnello Herbert Kappler ordina di bruciare gran parte dei documenti e di caricare alcuni autocarri di armi e casse di materiali, destinandone quattro ai prigionieri che li dovranno seguire. All’ultimo momento, a causa di un guasto ad uno dei camion, alcuni prigionieri vengono lasciati in cella.Sarà la loro salvezza. Poco dopo la partenza dei tedeschi, lo stabile è preso d’assalto dalla folla, che libera i reclusi e saccheggia gli uffici. L’indomani Roma è la prima capitale europea a essere liberata, dopo 271 giorni di occupazione. La notizia fa il giro del mondo. Mussolini, amareggiato, ordina tre giorni di lutto nel territorio della Repubblica Sociale.
Una eccezionale fotografia di quei momenti, che ritrae i roghi appiccati dai tedeschi alle carte di via Tasso, è stata ritrovata nell’archivio del questore di polizia Giuseppe Dosi, di recente acquisito dal Museo della Liberazione di Roma. Dosi, che nel dopoguerra sarebbe diventato direttore dell’ufficio italiano Interpol, proprio la mattina del 4 giugno recuperò nel carcere delle SS e nel reparto tedesco di Regina Coeli (il tristemente famoso terzo braccio) la documentazione scampata alla distruzione perpetrata dai nazisti e ai saccheggi della popolazione.


L’archivio di Dosi è stato presentato ieri, insieme ad altri documenti inediti, dal presidente del Museo, Antonio Parisella, e da Alessia Glielmi, responsabile degli archivi. Una vera e propria miniera, contenente dossier tutti da studiare sul caso di Gino Girolimoni, accusato ingiustamente nel 1927 di essere il mostro di Roma, e su «il Volo dell’Arcangelo», la misteriosa caduta da una finestra del Vittoriale di Gabriele d’Annunzio nel 1922, alla vigilia della marcia su Roma, ma anche sui collaborazionisti dei nazisti e sugli inizi dell’Interpol italiana.
Negli ultimi anni, nonostante le ristrettezze finanziarie e la pesante sforbiciata ai fondi, il Museo ha svolto un’intensa attività di ricerca che ha portato all’acquisizione di un cospicuo patrimonio documentario. Una delle scoperte più importanti, compiuta da Glielmi, è stata l’individuazione delle carte che componevano in origine gli elenchi di nominativi utilizzati dagli agenti tedeschi incaricati di prelevare a Regina Coeli i detenuti e di predisporre il trasporto verso la via Ardeatina il 24 marzo 1944. Gli elenchi ricomposti sono tre, due relativi agli ebrei (Judenliste) e uno agli altri detenuti.
Di notevole interesse sono anche le toccanti lettere da via Tasso del generale dell’Aeronautica Sabato Martelli Castaldi, originario di Cava de’ Tirreni, membro del Fronte militare clandestino dell’eroico Giuseppe Montezemolo, che entrò nella Resistenza col nome di battaglia di Tevere, l’8 settembre 1943 combatté a Porta San Paolo e, fra le altre cose, fornì l’esplosivo per l’azione del dicembre 1943 di distruzione dei convogli ferroviari tedeschi sulle linee Roma-Cassino e Roma-Formia, che poi fu celebrata da Nanni Loy nel film Un giorno da leoni.
Il 4 marzo 1944 Martelli Castaldi scrisse alla moglie delle torture subite dalle SS, precisando: «Io non gli ho mai data la soddisfazione di un lamento, solo alla 24ª nerbata risposi con un pernacchione che fece restare i tre manigoldi come tre autentici fessi». Tra le sue carte anche un biglietto autografo con la piantina del carcere, che doveva servire ad organizzare la fuga sua, di Montezemolo e di altri membri del Fronte lì rinchiusi. 
Purtroppo morirono tutti alle Fosse Ardeatine.
Un altro fondo rilevante è quello dell’avvocato Giannetto Barrera, anche lui collaboratore del Fronte militare clandestino di Montezemolo, che dopo il 4 giugno 1944 fu al servizio della polizia alleata. Barrera fu uno dei pochi ad avere il permesso di entrare nel palazzo di via Tasso, che dopo la fuga dei tedeschi fu sequestrato dalle autorità alleate. Le carte donate al Museo restituiscono informazioni sugli aspetti amministrativi-gestionali e sulle attività informative dell’Organizzazione Commissariati del Fronte militare clandestino e dell’Ufficio militare presso la Questura di Roma.
Vanno poi segnalati l’archivio dell’ingegner Amedeo Coccia, esponente del Movimento dei cattolici-comunisti, i messaggi in punta di morte del pittore-partigiano Giordano Bruno Ferrari, prima della fucilazione a Forte Bravetta, e il prezioso quadro Il Tevere a Saxa Rubra, che stava dipingendo al momento dell’arresto da parte delle SS, e i documenti e le lettere di Dino Terracina, ebreo romano scampato miracolosamente alla deportazione del 16 ottobre e alla strage delle Fosse Ardeatine, come narrò egli stesso nel 1944 in una straordinaria lettera allo zio emigrato negli Usa.
Parisella ha anche presentato il lavoro sviluppato per la digitalizzazione dei documenti esposti nelle bacheche del Museo, realizzato con il supporto tecnico del Consiglio Nazionale delle Ricerca. È stata creata fra l’altro una banca dati delle 1.132 biografie di coloro che transitarono in quel periodo nel carcere nazista di via Tasso. Il frutto di questa ricerca, condotta da Glielmi e Giovanna Montani, sotto la direzione scientifica dello stesso Parisella, è disponibile presso la sezione multimediale del Museo.
Il presidente ha infine rivolto un appello alle famiglie degli ex partigiani e a chiunque possegga documentazione o oggetti relativi al periodo e ai romani e alle istituzioni per il sostegno alla struttura, che ha un bisogno disperato di fondi per le proprie attività. Il conto corrente è il n. 51520005, intestato a Museo storico della Liberazione, via Tasso 145, 00185 Roma. «Anche un piccolo versamento – ha spiegato Parisella – può aiutare a far sopravvivere la Memoria della Resistenza di Roma in questa triste epoca di tagli».

(Il Messaggero, 20 ottobre 2012)

ecco il link: articolo Messaggero                     

martedì 2 ottobre 2012

Piero Melograni


Melograni raccontò l’altra faccia della Storia


di Mario Avagliano

Uno storico liberale, eterodosso, che primo in Italia, nel 1976, sfidò certi tabù sul rapporto tra il regime fascista e i suoi oppositori, con la celebreIntervista sull’antifascismo a Giorgio Amendola (Laterza). Ma anche uno straordinario divulgatore televisivo e di prodotti multimediali di successo, come Combat film
Era tutto questo Piero Melograni, nato a Roma il 15 novembre 1930, professore emerito di storia contemporanea all'Università di Perugia, «uomo d’altri tempi, elegante e generoso», scomparso ieri mattina, all'età di 81 anni, nella sua casa nella capitale, dopo una lunga malattia «che lo aveva debilitato – come ricorda il suo collega Pino Pelloni – in quella che è la materia prima dello storico: la memoria». 



Melograni si iscrisse al Pci nel 1946, ad appena sedici anni di età, e ne uscì con un altro centinaio di intellettuali, firmatari del Manifesto dei 101, nel 1956, in aperta polemica contro l’invasione sovietica in Ungheria. Lasciata la politica per circa un trentennio, si dedicò all'attività storica e universitaria. Amico di Renzo De Felice, realizzò importanti studi sul fascismo (a partire dal libro Mussolini e gli industriali, Longanesi, 1972), sul comunismo e sulla prima guerra mondiale. La sua Storia politica della Grande Guerra 1915-1918 (Laterza, 1969) è ancora un punto di partenza obbligato per chi studia le vicende di quel periodo. Il file rouge delle sue ricerche, espresso in particolare nei saggi Fascismo, comunismo e rivoluzione industriale (Laterza, 1984), La paura della modernità (Cedis, 1987) e La modernità e i suoi nemici (Mondadori, 1996), è la forte critica al ruolo recitato in Italia dal fascismo e dal comunismo, ideologie che a suo avviso avevano in comune il rigetto del libero mercato e del valore del merito. Melograni riapparve sulla scena politica nel 1996, quando fu eletto deputato come indipendente nelle liste di Forza Italia. Nel 2001, però, decise di non ricandidarsi, spiegando di essere «deluso dalla vita parlamentare: siamo dei semplici spingitori di bottoni».Tornato all’attività di storico, curò serie tv e prodotti multimediali di larghissima diffusione quali: Combat Film e La guerra degli italiani 1940-1945(entrambi con Roberto Olla) e La Storia della Seconda Guerra Mondiale (con Pino Pelloni).Negli ultimi tempi Melograni si era interessato anche ai grandi musicisti: nel 2003 aveva pubblicato il saggio WAM(Laterza), dedicato a Mozart, e nel 2007 Toscanini (Mondadori). Notevole anche la sua traduzione de Il Principe di Machiavelli in italiano moderno (Rizzoli, 2006). Nel 2010, infine, diede vita al Premio Fiuggi Storia.La sua scomparsa ha suscitato commozione nel mondo politico e degli storici. Tanti i messaggi di cordoglio, che sottolineano «il vuoto lasciato nella cultura italiana». Ha voluto ricordarlo anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, suo antico amico, sottolineando le «molteplici prove del suo valore nella ricerca storica » e la sua capacità di affiancare al talento di studioso «una rara felicità di moderno comunicatore». 

(Il Mattino, 28 settembre 2012)

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