venerdì 27 settembre 2013

Biacchessi e la sua Orazione civile per la Resistenza. Contro ogni revisionismo storico

Biacchessi e la sua Orazione civile per la Resistenza. Contro ogni revisionismo storico

Alla Feltrinelli di Bologna venerdì 27 aprile alle ore 18, la presentazione di un pamphlet incalzante e doveroso sulla guerra di Liberazione in Italia per tenere viva la memoria di libertà e di pace ogni giorno sotto attacco da nuovi fascismi politici e lessicali

Dopo un lungo tour primaverile che ha lambito Centro e Nord Italia (da Roma al Piemonte fino a Monte Sole), approda a Bologna l’Orazione civile per la Resistenza scritta da Daniele Biacchessi(edizione Corvino Meda – Promo Music). L’appuntamento è venerdì 27 aprile (ore 18) alla Feltrinelli di porta Ravegnana. Con l’autore dialogheranno William Michelini dell’Anpi e Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione Vittime 2 Agosto.
Solo presentazione del libro e non il più tradizionale reading alla Biacchessi, come in alcune tappe è avvenuto, per questo lungo weekend resistenziale, ponte festivo (25 aprile-1 maggio) tra date di ricorrenze che paiono antiche e che invece sembrano necessitare, ogni anno che passa, sempre di più, un restyling comunicativo per riaffermare una memoria storica lapalissiana, quella degli eccidi e del violento orrore delle stragi nazifasciste compiute in Italia dal ’43 al ’45, sempre in corso di martellante revisionismo.
“E’ memoria viva, quotidiana, un ponte tra generazioni diverse che vivono o hanno vissuti tempi diversi”, spiega il giornalista di Radio 24 il Sole 24 ore, “E’ un impegno civile, quotidiano, fatto di piccole cose, di gesti, di atti pubblici, soprattutto di parole. Io racconto una storia a te e tu la racconterai ad altri figli, ad altri amici. E fino a quando queste storie avranno gambe per poter camminare, queste storie non moriranno mai. Quando qualcuno si stancherà di raccontarle, queste storie moriranno due volte, con le persone e con le ingiustizie”.
Storia, e orazione, intessute prima di tutto dai luoghi delle stragi (da Boves in Piemonte all’Hotel Meina sul Lago Maggiore, da Marzabotto a Sant’Anna di Stazzema fino alle Fosse Ardeatine), poi di date e di cifre di morte. Numeri disegnati col sangue di partigiani e semplici civili, donne, vecchi e bambini, condannati a morte da un esercito invasore che in un triennio esercitò un’inaudita violenza cancellando dalla faccia della terra l’essenza stessa del senso dell’esistenza umana.
Orazione civile è un pamphlet incalzante, virtuoso e doveroso, soprattutto nel suo volontario interpellare tutta quella lunga lista di saggi che hanno fatto del revisionismo un atto dovuto e parificante rispetto alla lotta resistenziale. “Nel suo libro Il sangue dei vinti, Pansa tace sul come si arriva agli omicidi commessi da una esigua minoranza di ex partigiani nell’immediato dopoguerra. Egli non racconta le violenze delle squadracce fasciste del 1921, la marcia su Roma, i numerosi delitti, i lunghi anni del regime, il carcere, l’esilio, il confino e le condanne a morte degli oppositori, l’emanazione delle leggi razziali contro gli ebrei italiani nel 1938, la fame, la sete, la povertà di un intero popolo, il collaborazionismo del fascismo con il nazismo, l’entrata in guerra, le campagne fallimentari in Russia, Grecia, Albania, Etiopia, Africa Orientale, i bombardamenti e la distruzione delle città, le torture subite dai partigiani da parte delle tante polizie segrete e compagnie di ventura della Repubblica Sociale Italiana, le 2.274 stragi nazifasciste contro civili i cui fascicoli sono rimasti sepolti e occultati per quasi cinquant’anni nel cosiddetto “Armadio della vergogna”, poi ritrovati soltanto nel 1994 nella sede del Tribunale militare di Roma, a Palazzo Cesi, via degli Acquasparta. Pansa non menziona le trattative segrete dei nazisti con gli alleati sul finire della Seconda guerra mondiale, l’arruolamento di criminali nazisti nei servizi segreti americani nell’immediato dopoguerra in funzione anticomunista (Theodor Saevecke, Karl Hass, Karl-Theodor Schütz), neppure l’amnistia del guardasigilli Palmiro Togliatti del 22 luglio 1946 che azzera i crimini compiuti dai repubblichini. Perché nulla di tutto questo si trova nei libri dei nuovi revisionisti? Perché si punta il dito unicamente sugli omicidi degli ex partigiani?”

mercoledì 18 settembre 2013

Una vittoria amara. La corrispondenza di due coniugi resistenti dell'Italia del 1943-1945 di Mario Avagliano

Una vittoria amara. La corrispondenza di due coniugi resistenti dell'Italia del 1943-1945
di Mario Avagliano

Fu davvero amara la vittoria della guerra di Liberazione? Di certo non fu tutta rose e fiori, chewing-gum e caramelle, tricolori e bandiere a stelle e strisce. Ce lo raccontano due italiani resistenti di allora, protagonisti del libro Una vittoria amara (Marlin Editore, pp. 528, euro 18): il generale di brigata Giulio Cesare Tamassia, reduce della Grande Guerra, monarchico, anticomunista di ferro, tra i dirigenti del Fronte militare clandestino romano guidato da Giuseppe Montezemolo, e la moglie Bianca Mazzarotto, originaria di Rovigo, scrittrice d’impronta dannunziana ma più liberal del marito, collaboratrice del movimento partigiano in Veneto. Due esponenti di quella Resistenza militare o moderata (spesso l’uno e l’altra) per troppo tempo cancellata dai libri di storia e avvolta dal silenzio e dall’oblio. A leggere la corrispondenza di Giulio e Bianca e le loro confessioni intime, risulta evidente che nella primavera del 1945 per molti italiani la gioia della riacquistata libertà ebbe un certo retrogusto asprigno, dovuto agli strascichi dolorosi della campagna d’Italia e alle violenze della guerra civile, ma anche alle case distrutte dai bombardamenti, ai parenti e agli amici morti, e alla difficile transizione verso la democrazia di un Paese tutto da ricostruire e in quel momento ancora sotto il giudizio (e sotto lo schiaffo) degli Alleati. Il libro segue, quasi sotto forma di cronaca, il tragico biennio che va dal luglio 1943 al maggio 1945. A scandire gli avvenimenti, è il sapiente intercalare nel carteggio tra i due coniugi e di altri brani tratti dai loro diari, amorevolmente raccolti e ordinati dal figlio Renato, terzo protagonista del racconto, anche se parlante solo per interposta persona, data la tenera età (era nato nel pieno della guerra, nel dicembre del 1940). Dopo l’8 settembre, è l’ora delle scelte per chi è di carriera militare o è sotto le armi. Il cinquantaduenne Giulio, che si trova a Trieste, potrebbe, come milioni di italiani dell’epoca, entrare nella “zona grigia” dell’equidistanza, oppure aderire alla neonata Repubblica Sociale. Invece decide di partecipare alla guerra di liberazione. I motivi principali sono la fedeltà al re, l’amor di patria e il desiderio di preservare l’«indipendenza dell’Italia» dall’invasore tedesco. Il 20 settembre parte in treno per Roma e si unisce al Fronte militare clandestino. Tamassia, come Montezemolo, ritiene che nella capitale l’attività più importante da svolgere sia quella di sottrarre uomini alla Repubblica Sociale e svolgere un’efficace azione di spionaggio e di intelligence al servizio del governo del Sud, oltre che predisporre un piano per un trapasso indolore al momento dell’arrivo degli Alleati. «Quanto faccio – annota nel suo diario il 19 aprile 1944 – è assolutamente contrario alle inutili violenze e agli sciocchi delitti. Tende a ristabilire ordine disciplina possibilità di lavoro proficuo, restaurazione di valori morali. Chiedo e cerco l’indipendenza d’Italia e per essa la libertà più assoluta di scegliersi la via più conveniente per ritrovare la sua grandezza vera». Le azioni armate, quindi, almeno nel perimetro della città sono considerate «inutili» perché rischiano di provocare «solo dolorose rappresaglie». Cosa che puntualmente avviene dopo via Rasella, con l’eccidio delle Fosse Ardeatine. Particolare interessante: già nei giorni successivi, come annota Giulio, «C’è chi dice che il fatto è stato organizzato ad arte [dai comunisti] per toglier di mezzo vittime designate [in particolare gli esponenti di Bandiera Rossa e del Fronte militare clandestino] e per disturbare». Una falsa tesi che sarà ripresa più volte nel dopoguerra da estrema destra e estrema sinistra. I tedeschi e la polizia fascista lo ricercano attivamente. La sua prudenza lo salva. Più di una volta sfugge per miracolo alla cattura e ai rastrellamenti. La quarantacinquenne Bianca col piccolo “Renatino” ciondola tra Trento, Venezia e Scomigo, mai tranquilla, sempre rischiando la vita o la libertà, tra bombardamenti, colpi di mitraglia, attività di collaborazione alla Resistenza, corrispondenza con il marito. Il ritratto dell’Italia in guerra che viene fuori dalle pagine di questo libro è terrificante. Venezia piena di barche, ma «tutte con la croce uncinata a coprire i segni di italianità!». Roma prigioniera, «piena di mendicanti che dicono: ho fame! con bambini in collo avvolti in poveri cenci», sotto l’incubo dei bombardamenti, tanto che «Molta gente durante la giornata si rifugia in Piazza san Pietro e vicino al Vaticano come a luoghi sicuri», ma comunque irridente: «Qualche bello spirito ha scritto a Porta Pia di notte: “Coraggio inglesi, i russi stanno arrivando a Porta Pia”». Uno dei temi più interessanti del libro è il tormentato rapporto con i tedeschi e con gli Alleati. Giulio Tamassia, dal punto di vista militare, ammira «le capacità di resistenza e di manovra dei tedeschi, infinitamente superiori nel campo tattico e nella rapidità di decisione». Ma ne depreca i modi e la brutalità. Quanto agli Alleati, il giudizio dei due coniugi è negativo. Nel mirino ci sono soprattutto i bombardamenti alle città: «Non sono gli italiani, ma i tedeschi che occorre battere». Il 4 giugno 1944 Roma viene liberata ma la guerra li terrà lontani ancora a lungo. Fino a quando il 30 aprile 1945, Bianca, commossa ed eccitata, a Scomigo, potrà finalmente tirare fuori le bandiere ed esporle alle finestre: «Pare un sogno! Tutto è andato benissimo, nel migliore dei modi che mai si potesse sperare, e l’insurrezione partigiana e popolare è stata una cosa meravigliosa». Quello stesso giorno Giulio annota nel suo diario: «Giustizia (o vendetta) è fatta: i capi del fascismo sono stati giudicati da cosiddetti tribunali del popolo e la folla sanguinaria e incosciente ha commesso atti di barbarie sui loro cadaveri. Doveva finire così».
Pubblicato da Mario Avagliano

lunedì 16 settembre 2013

19-20-21 SETTEMBRE : RASSEGNA CINEMATOGRAFICA SULLA RESISTENZA

Torna il 19, 20 e 21 settembre 2013 a Casa della Memoria e della Storia la rassegna cinematografica "Cinema, storia e…", dedicata inquesta edizione a "la Resistenza", di cui quest'anno si celebra il 70° anniversario

Cinema, storia e … la Resistenza a Roma dal 19/09/2013 al 21/09/2013

Una data importante per la memoria e per l'identità collettiva del nostro paese che la Casa della Memoria e della Storia propone di ricordare con una rassegna di film e documentari per mantenere viva e vigile la memoria storica e la riflessione civile e per rendere omaggio, ancora una volta, a quanti hanno contribuito alla Liberazione dal nazi-fascismo consegnandoci l'Italia democratica.

Il programma della rassegna prevede l'alternarsi di film d'autore - Tutti a casadiLuigi Comencini, Le quattro giornate di Napoli di Nanni Loy e L'uomo che verrà di Giorgio Diritti - sulle storiche giornate del settembre 1943 e documentari che ricostruiscono, con materiali di repertorio, d'archivio e testimonianze personali, vicende significative di quel drammatico periodo.

L'iniziativa è a cura dell'Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica di Roma Capitale - Dipartimento Cultura - in collaborazione con ANPI, Circolo Gianni Bosio e IRSIFAR.
giovedì 19 settembre

Proiezione del documentario

VIA TASSO di Luigi Di Gianni (1960, 15')

La triste vicenda di Via Tasso a Roma ricostruita con materiale di repertorio e con la visita, 15 anni dopo la fine della guerra, alla sede nazista dell'"SS Kommandantur", il "palazzone" da cui Kappler coordinava tutte le azioni contro i partigiani e dove, nell'ala numero 155, si trovavano le carceri e le celle di tortura nelle quali furono straziate e uccise centinaia di persone.

e del film

TUTTI A CASA diLuigi Comencini (1960, 117')

La drammaticità dell'8 settembre 1943 e dei mesi che seguirono raccontata attraverso le vicende di un gruppo di soldati che attraversano l'Italia da nord a sud per tornare alle loro case. Commedia e tragedia si intrecciano nell'affresco storico di un paese devastato ma soprattutto nella parabola umana dei protagonisti.

Introduce Annabella Gioia, IRSIFAR
venerdì 20 settembre

Proiezione del documentario

UN POPOLO PER LA LIBERTÀ di Sebastiano Rendina (1995, 38')

Dedicato alla Resistenza in Italia, il documentario ricostruisce, anche attraverso materiali d'archivio, la nascita delle dittature nazista e fascista, lo svolgersi del conflitto mondiale, l'occupazione nazifascista, la lotta di Liberazione e infine l'affermarsi della democrazia nel nostro paese.

e del film

LE QUATTRO GIORNATE DI NAPOLI di Nanni Loy (1962, 116')

Una narrazione corale, una cronaca obiettiva e commovente delle giornate del settembre 1943 nelle quali il popolo napoletano, senza guida né tattiche preordinate, si trova unito a combattere una battaglia improvvisata e tragica riuscendo a liberare la città dai nazisti prima dell'arrivo delle truppe alleate.

Introduce Ernesto Nassi, ANPI
sabato 21 settembre

Proiezione del documentario

SENZA TREGUA di Marco Pozzi (2003, 35')

Giovanni e Nori sono sposati da quasi sessant'anni: la loro storia d'amore nasce durante la lotta di Liberazione e li vede entrambi membri dei GAP. Una straordinaria esperienza di vita vissuta, tra sentimento e impegno, alla ricerca della libertà è raccontata in prima persona dai due protagonisti.

La loro microstoria si intreccia con la Storia ed è testimonianza per i più giovani di un "eroica umanità".

e del film

L'UOMO CHE VERRÀ di Giorgio Diritti (2009, 117')

La guerra narrata dalla parte di alcuni contadini di Montesole, sull'Appennino emiliano, tra loro la piccola Martina di otto anni che vive nell'attesa della nascita del fratellino. Mentre la guerra si avvicina e la vita diventa sempre più difficile, stretti fra le brigate partigiane del comandante Lupo e l'avanzare dei nazisti, i personaggi si ritrovano al centro degli eventi che passeranno alla storia come la strage di Marzabotto.

Introduce Rino Arbia, Circolo Gianni Bosio

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