venerdì 30 dicembre 2011

Servizio di resistenza. Diffidate di Equitalia


Intercettazione in pizzeria: Equitalia sta per fallire! Attenti alle cartelle “pazze” che mandano per recuperare soldi.

Intercettazione in pizzeria: Equitalia sta per fallire! Attenti alle cartelle “pazze” che mandano per recuperare soldi.
Queste sono inciuci  che un giornale serio,  magari un pò venduto, non scriverebbe se non dopo averne verificata anche la più lontanissima  attendibilità. Ma siamo NapoSpia e lo spariamo volentieri.
Ristorante XXX , martedì 27 dicembre 2011 ore 23.45. Siamo ad un tavolo poco distante da quello di due coppie sui 50 anni appena uscite dal teatro che commentano lo spettacolo appena visto ad alta voce: Una tortura per chi come me e gli altri due amici che erano con me volevano solo mangiare una pizza in tutta tranquillità! Il gestore del locale, che uno di noi conosce da tempo, si avvicina e con orgoglio ci riferisce che i due tipi che stanno al tavolo con le rispettive mogli, sono due pezzi grossi dell’ Equitalia di Napoli. Devono essere davvero grossi visto che sempre il gestore guarda proprio ne fisso negli occhi e aggiunge: Ma proprio grossi- grossi, capisci a mme!
Penso che si tratti del solito megalomane napoletano che vuole farti intendere che lui conosce gente potente, pronta ad aiutarlo quando è in difficoltà. Ma poi a me che mi frega di quanto siano potenti quei due all’interno di Equitalia? Poi accade ciò che non ti aspetti. Da quanto sia bravo Gigi Finizio (venivano dal Teatro Delle Palme) e che belle sono le sue canzoni, passano ad affrontare l’argomento pacchi bomba che sta terrorizzando proprio la società pubblica (51% Agenzia delle Entrate e 49% Inps) incaricata della riscossione nazionale dei tributi. Poi, sempre a voce alta come se si trovassero nel salotto di casa loro, si lasciano andare parecchio. Forse ignorano che il ristoratore vanesio se  li è gia’ venduti come clienti Vip? Eccovi la breve conversazione tra A & B (quello che sono riuscito a ricordare!) facendo attenzione, molta, alle parti evidenziate in rosso.
A: La gente ha ragione io vivo ormai nel terrore…
B: Non lo dire a me certe volte ho l’impressione che anche il mio macellaio mi guardi in cagnesco come se fossi io quello che decide di distruggere la vita delle persone o delle aziende!
A: Mo’ vedrai che succede se salta fuori la storia delle acartelle pazze che poi pazze non sono perchè noi lo sappiamo che le stanno facendo inviare col proposito per cercare di recuperare soldi prima di dare l’annuncio ufficiale che siamo falliti…
B: Infatti io sinceramente ho avvisato quelli che potevo, parenti e amici strettissimi, di controllare bene e far verifiche oculatissime prima di pagare!
A: Il problema lo teniamo noi che se non ci stiamo attenti questi ci fanno proprio fuori e non mi sento nemmeno di dargli torto! Ma che lo dicessero che stanno fallendo e si decidessero a condonare cio’ che si puo’!
B: Per quanto riguarda noi le spalle ce le abbiamo coperte. Tanto tutto passerà nelle mani dell’Agenzia delle Entrate e noi verremo accorpati da loro. Cioè aspè… Non tutti ma quelli che ricorpono ruoli di livello come il nostro si…

lunedì 26 dicembre 2011


Roma occupata scelse la Resistenza

di Mario Avagliano

Rosario Bentivegna, detto Sasà, classe 1922, l’anno della marcia su Roma, è da tutti conosciuto come il partigiano travestito da spazzino che il 23 marzo 1944 fece “esplodere una bomba” in via Rasella. Ma la sua vita è stata molto di più. Antifascista giù durante il Ventennio, combatté nel 1944-45 nella Divisione partigiana Italiana Garibaldi in Jugoslavia e nel dopoguerra furedattore de “l’Unità” e medico-legale dell’Inca-Cgil nelle vertenze a tutela della prevenzione della salute nei luoghi di lavoro, fino all'impegno internazionale a fianco della Resistenza greca durante il “regime dei colonnelli” e alla lunga militanza nel Pci, che lasciò nel 1986.
Bentivegna, in un confronto serrato con la storica Michela Ponzani, ha ripercorso per la prima volta le tappe della sua vicenda umana e politica in un’autobiografia appassionata, Senza fare di necessità virtù. Memorie di un antifascista (Einaudi, 422 pagine, euro 20), uscita oggi in libreria. (Il Messaggero, 24 settembre 2011)
Da ragazzo lei era un “balilla” entusiasta e pensava che “il Duce ha sempre ragione”, com’era scritto sui muri in tutta Italia. Come è diventato antifascista?
Già a 13-14 anni ero colpito dalla corruzione e dal clientelismo del regime e dalle differenze sociali presenti in Italia. Quand’ero liceale, un amico, Luciano Vella, commentando le schifezze della società, mi chiese se ero fascista. Io gli risposi: “Certo. Queste cose il duce non le sa”. In quel momento esatto, la lampadina mi si accese e capii che non ero più fascista. Successivamente approfondii la questione dal punto di vista storico e filosofico e assieme ad altri ragazzi e ragazze, fondammo il GUM, il gruppo di unificazione marxista, d’ispirazione trotskista. Eravamo tutti iscritti al Guf e al dopolavoro fascista.
Settant'anni fa, il 20 settembre 1941, il suo primo arresto, a seguito di una manifestazione antifascista contro la guerra all’Università di Roma. Un episodio ignorato dalla storiografia.
Quella mattina del 23 giugno 1941 la città universitaria di Roma fu invasa da 3-4mila giovani in divisa dei Guf e in camicia nera, fascisti e antifascisti, che protestavano contro la norma che aboliva il congedo militare provvisorio per gli studenti in regola con gli esami e istituiva la loro chiamata alle armi come “volontari universitari”. Ad un certo punto gli studenti antifascisti, con l’aiuto di alcuni operai, lanciarono in mezzo alla folla manifestini e stelle filanti con su scritto  “Abbasso il Duce”, “No alla guerra”, “Viva la Pace”, “Abbassola Germania”. Gli studenti fascisti, preoccupati dalla nostra iniziativa, si dissociarono e andarono in marcia verso Piazza Venezia per manifestare in favore della guerra, ma la Questura, pensando che fosse un corteo antifascista, pestò e arrestò alcuni di loro. I nostri colleghi fascisti tornarono in Università e noi li aiutammo a rifugiarsi nella cittadella, impedendo l’ingresso della polizia. Più tardi la Questura comprese il clamoroso errore e rilasciò gli arrestati. Il giorno dopo i giornali ignorarono la notizia. Nelle settimane successive la polizia fece indagini a tappeto. Anche io fui arrestato il 20 settembre, con l’accusa di “manifestazioni di propaganda sovversiva”.
Dopo l’8 settembre del ‘43, lei aderì al Pci ed entrò nella Resistenza, con lo pseudonimo di “Paolo”. La rilevanza del movimento resistenziale romano è stata sempre un po’ sottovalutata dagli storici. E’ d’accordo?
Purtroppo c’è stata sempre una riserva “leghista” nel valutare quel periodo, di antipatia nei confronti della capitale. Un po’ come è accaduto per la Repubblica romana del 1849. Invece Roma ha fatto veramente la resistenza. Lo stesso Renzo De Felice, che non è certo uno storico di sinistra, ha riconosciuto che dopo l’8 settembre è stata “l’unica città in cui si era tentata la resistenza armata contro i tedeschi”, con il coinvolgimento dei civili, e che “fu la città con il maggior numero di renitenti” alle leve militari e del lavoro. A seguito dell’occupazione tedesca, le porte di tutta Roma si aprirono per nascondere i soldati italiani. Nel mio libro racconto numerosi episodi in cui noi gappisti fummo aiutati dai romani, soprattutto le donne. Fu importante anche la partecipazione di sacerdoti e suore. Sono note le vicende di don Morosini e di don Pappagallo, uccisi dai tedeschi, ma nessuno cita mai Monsignor Benigno Migliorini, vescovo di Rieti, il quale ordinò pubblicamente ai suoi diocesani di seppellire le salme dei civili assassinati sulle montagne della Sabina nell’aprile 1944, nonostante la minaccia nazista di condanna a morte per chi avesse osato inumare quelle povere salme.
Quando si parla di Resistenza romana, il riferimento a via Rasella è inevitabile.
Spesso mi viene da pensare che a quell’operazione io non avrei dovuto nemmeno prendere parte, perché quando l’obiettivo fu indicato da Giorgio Amendola, mi trovavo ancora a Centocelle, al comando di una formazione partigiana. Al mio ritorno a Roma, il comandante dei Gap Carlo Salinari propose me per l’azione. Oggi, per una strana ironia della sorte, sono rimasto il solo a poterla raccontare. Non rinnego affatto quell’atto “di guerra”, anzi ne sono orgoglioso. Ritengo tuttavia che sia un grosso errore storico limitare la Resistenza romana a via Rasella, che non fu un’azione isolata. Dentro Roma occupata si nascondevano circa 18 mila uomini armati pronti a dare battaglia, di tutti gli orientamenti politici, dai comunisti ai monarchici, come il valoroso colonnello Montezemolo. Potrei citare un elenco infinito di attacchi che vennero condotti contro tedeschi o fascisti, di giorno, di sera, di notte, per strada, al cinema, all’osteria, ovunque se ne presentasse l’occasione. Applicammo alla lettera le direttive del Cln e degli Alleati: “Rendere impossibile la vita all’occupatore”.
L’ex presidente Ciampi ha scritto che l’Italia “non è il Paese” che sognava. In Francia l’ex partigiano Hessel incita i giovani a ribellarsi, in nome degli ideali traditi della Resistenza. E lei?
Sono d’accordo con Ciampi. Soprattutto in riferimento agli ultimi dieci-quindici anni. Così male in questo Paese non mi ci sono mai sentito. Ma io sono contro le ribellioni. Non siamo ai tempi del nazifascismo. La ribellione è un fatto sentimentale. Ci vorrebbe una reazione collettiva di tipo politico, democratico, per restituire la parola al popolo.

(Il Messaggero, 24 settembre 2011)



L'intervista a Benivegna ha occupato su Il Messaggero un'intera pagina, ma il mio colloquio con Bentivegna è stato più ampio. Ecco una versione più estesa:


A colloquio con Bentivegna

di Mario Avagliano

Rosario Bentivegna, detto Sasà, classe 1922, l’anno della marcia su Roma, è da tutti conosciuto come il partigiano travestito da spazzino che il 23 marzo 1944 fece “esplodere una bomba” in via Rasella. Ma la sua vita è stata molto di più. Studente universitario antifascista negli ultimi anni del regime mussoliniano, combatté nel 1944-1945 nella Divisione partigiana Italiana Garibaldi in Jugoslavia e nel dopoguerra furedattore de “l’Unità”, medico-legale dell’Inca-Cgil nelle vertenze a tutela della prevenzione della salute nei luoghi di lavoro, libero docente in Medicina del Lavoro alla Sapienza, fino all'impegno internazionale a fianco della Resistenza greca durante il “regime dei colonnelli” e alla lunga militanza nel Pci, che lasciò nel 1986.
Bentivegna, in un confronto serrato con la storica Michela Ponzani, ha ripercorso per la prima volta le tappe della sua vicenda umana e politica nel volume Senza fare di necessità virtù. Memorie di un antifascista (Einaudi, 422 pagine, euro 20), uscito oggi in libreria. Un’autobiografia appassionata, in cui affronta anche i nodi e gli aspetti più intimi e privati.
Da ragazzo lei era un “balilla” entusiasta e pensava che “il Duce ha sempre ragione”, com’era scritto sui muri in tutta Italia. Come è diventato antifascista?
Già quando avevo 13-14 anni ero colpito dalla corruzione e dal clientelismo del regime e dalle differenze sociali esistenti, per cui l’”amante” del portiere era considerata una puttana e l’”amica” del capo della polizia una gran dama. Quando scoppiò la guerra di Spagna, non capivo perché il fascismo, che era lo Stato, appoggiava l’insurrezione di Francisco Franco contro il legittimo Stato spagnolo. Anche la politica antisemita di Mussolini mi risultava incomprensibile. All’epoca frequentavo il liceo Vigilio, che si trovava al Ghetto, e avevo diversi compagni di scuola di religione ebraica, tutti bravi “balilla”. Ricordo che la mia famiglia frequentava  Renato Sacerdoti, allora presidente della Roma e grand commis della borsa romana, poiché mio zio Giulio Burali d’Arezzo era il suo avvocato. Poi, quand’ero liceale, un amico, Luciano Vella, commentando le schifezze della società, mi chiese se ero fascista. Io gli risposi: “Certo. Queste cose il duce non le sa”. In quel momento esatto, la lampadina mi si accese e capii che non ero più fascista. Successivamente approfondii la questione dal punto di vista storico e filosofico e assieme ad altri ragazzi e ragazze, fondammo il GUM, il gruppo di unificazione marxista, d’ispirazione trotskista. Eravamo tutti iscritti al Guf e al dopolavoro fascista. Usavamo il ciclostile del Guf per stampare il nostro bollettino quindicinale con gli scritti di Lenin e di Trotsky, che poi diffondevamo in zona Trionfale.
Settant'anni fa, il 20 settembre 1941, il suo primo arresto, a seguito di una manifestazione antifascista contro la guerra e dell’occupazione dell’Università di Roma. Un episodio ignorato dalla storiografia.
Quella mattina del 23 giugno 1941 la città universitaria di Roma fu invasa da 3-4mila giovani in divisa dei GUF e in camicia nera, fascisti e antifascisti, che protestavano contro la norma che aboliva il congedo militare provvisorio per gli studenti universitari in regola con gli esami e istituiva la loro chiamata alle armi come “volontari universitari”. Ad un certo punto noi studenti antifascisti, con l’aiuto di alcuni operai, lanciammo in mezzo alla folla manifestini e stelle filanti con su scritto  “Abbasso il Duce”, “No alla guerra”, “Viva la Pace”, “Abbasso la Germania”. Gli studenti fascisti, preoccupati dalla nostra iniziativa, si dissociarono e andarono in marcia verso Piazza Venezia per manifestare in favore della guerra, ma la Questura, pensando che fosse un corteo antifascista, pestò e arrestò alcuni di loro. I nostri colleghi fascisti tornarono in Università e noi li aiutammo a rifugiarsi nella cittadella, occupando l’Università e impedendo l’ingresso della polizia. Più tardi la Questura comprese il clamoroso errore e rilasciò gli arrestati. Il giorno dopo i giornali ignorarono la notizia. Nelle settimane successive, però, la polizia fece indagini a tappeto. Anche io fui arrestato il 20 settembre, con l’accusa di “manifestazioni di propaganda sovversiva”, anche se dopo pochi giorni mi rilasciarono con diffida di polizia.
Dopo l’8 settembre del ‘43, lei aderì al Pci ed entrò nella Resistenza, con lo pseudonimo di “Paolo”. I nazifascisti la temevano tanto che le misero una taglia sulla testa di un milione e ottocentocinquantamila lire: una somma gigantesca all’epoca. La rilevanza del movimento resistenziale romano è stata sempre un po’ sottovalutata dagli storici. E’ d’accordo?
Roma ha fatto veramente la resistenza. Purtroppo c’è stata sempre una riserva “leghista” nel valutare quel periodo, di antipatia nei confronti della capitale. Un po’ come è accaduto per la Repubblica romana del 1849. Invece i romani nei nove mesi di occupazione tedesca, tra il settembre del ’43 e il giugno del ’44, sono stati straordinari. Lo stesso Renzo De Felice, che non è certo uno storico di sinistra, ha riconosciuto che, dopo l’8 settembre, Roma è stata “l’unica città in cui si era tentata la resistenza armata contro i tedeschi”, con il coinvolgimento della popolazione, e che “fu la città con il maggior numero di renitenti” alle leve militari e del lavoro. A seguito dell’occupazione tedesca, le porte di tutta Roma si aprirono per nascondere i soldati italiani. Nel mio libro racconto numerosi episodi in cui noi gappisti fummo aiutati dai civili, soprattutto dalle donne. E fu importante anche la partecipazione dei sacerdoti e delle suore. Sono note le vicende di don Morosini e di don Pappagallo, uccisi dai tedeschi, ma nessuno cita mai Monsignor Benigno Migliorini, vescovo di Rieti, il quale scrisse una lettera pubblica di protesta contro i tedeschi e poi ordinò pubblicamente ai suoi diocesani di seppellire le salme dei civili assassinati sulle montagne della Sabina nell’aprile 1944, nonostante la minaccia nazista di condanna a morte per chi avesse osato inumare quelle povere salme.
Quando si parla di Resistenza romana, il riferimento a via Rasella è inevitabile.
Spesso mi viene da pensare che a quell’operazione io non avrei dovuto nemmeno prendere parte, perché quando l’obiettivo fu indicato da Giorgio Amendola, mi trovavo ancora a Centocelle, al comando di una formazione partigiana. Al mio ritorno a Roma, il comandante dei Gap Carlo Salinari propose me per l’azione. Oggi, per una strana ironia della sorte, sono rimasto il solo, tra tutti i compagni che vi parteciparono, a poterla raccontare. Non rinnego affatto quell’atto “di guerra”, anzi ne sono orgoglioso. Ritengo tuttavia che sia un grosso errore storico limitare la Resistenza romana a via Rasella, che non fu un’azione isolata. Dentro Roma occupata si nascondevano circa 18 mila uomini armati pronti a dare battaglia, di tutti gli orientamenti politici, dai comunisti ai monarchici, come il valoroso colonnello Montezemolo. Potrei citare un elenco infinito di attacchi che vennero condotti contro tedeschi o fascisti, di giorno, di sera, di notte, per strada, al cinema, all’osteria, ovunque se ne presentasse l’occasione. Applicammo alla lettera le direttive del Cln e degli Alleati: “Rendere impossibile la vita all’occupatore”.

Chi è oggi Rosario Bentivegna?
Sono ancora comunista perché credo nel superamento dello stato di cose presenti. Ma sono un comunista libertario, contro tutti i tiranni, contro tutti gli integralismi, anche quello dei comunisti. Nel ’56 ho condannato l’invasione in Ungheria e adesso sono contro la sharia, i kamikaze, i talebani. E  fin dal 1948 sono dalla parte d’Israele e ci sto ancora.
L’ex presidente Ciampi ha scritto un libro per dire che l’Italia “non è il Paese” che sognava. In Francia l’ex partigiano Hessel incita i giovani a ribellarsi, in nome degli ideali traditi della Resistenza. E lei?
Sono d’accordo con Ciampi. Soprattutto in riferimento agli ultimi dieci-quindici anni. Così male in questo Paese non mi ci sono mai sentito. Ma io sono contro le ribellioni. Non siamo ai tempi del nazifascismo. La ribellione è un fatto sentimentale. Ci vorrebbe una reazione collettiva di tipo politico, democratico, per restituire la parola al popolo. Ho sempre rifiutato la violenza nella politica. Per questo motivo negli anni Settanta fui minacciato dagli estremisti sia neri che rossi. Ai tempi delle Br, rifiutai la scorta e la Digosmi consigliò di prendere il porto d’armi e di girare con una pistola per difendermi. Ma io lo feci per pochi giorni: quell’affare in tasca mi pesava. Ho sempre pagato di persona la mia coerenza. E ho sempre creduto alla libertà e alla democrazia.
Nel periodo della Resistenza romana lei conobbe Carla Capponi, che poi avrebbe sposato. Nelle sue memorie racconta il primo bacio.
Fu la sera del 7 novembre 1943. Avevamo organizzato un’azione politica per celebrare la Rivoluzione d’Ottobre. Tappezzammo di vernice rossa il centro di Roma, da piazza del Popolo a piazza Venezia, compresa piazza Montecitorio, dove scrivemmo “W il Parlamento” e “Morte al fascismo”. Carla, con grande coraggio e prontezza, con il pennello tracciò una grande falce e martello anche su una camionetta tedesca. Tornandocene verso casa sua, entrammo nel portone e in quella strana atmosfera gioiosa la accompagnai alla porta e fu lì che, soli nella penombra, ci scambiammo il primo bacio.

lunedì 28 novembre 2011

SPIE, DENUNZIATORI, INFORMATORI



Allego un documento rinvenuto in cantina, circolante fra i membri della resistenza, che fa nomi e cognomi di presunte spie delle SS note nell'ambiente romano e dei luoghi che dietro la facciata ufficiale di servizi pubblici nascondevano covi di delatori.
Il documento non ha veridicità storica poichè non è stata appurata ne la fonte ne la correttezza delle informazioni, tuttavia va letto immaginando l'atmosfera di clandestinità e di tensione che si respirava negli ambienti della resistenza dove non ci si poteva fidare di nessuno e dove bastava la parola di un delatore, come fu nel caso di mio nonno e di Luigi Pierantoni, per essere catturati dalle SS.
Chi può fornire maggiori dettagli sui nomi e sui luoghi citati può allegare un commento.

martedì 22 novembre 2011

Epilogo della prigionia



Dopo un mese nel carcere di Regina Coeli, fra gli altalenanti sentimenti di speranza e sconforto, che avete letto nelle sue lettere, mio nonno sale sul camion delle SS che porta i prigionieri alle cave di pozzolana in via Ardeatina. Chissà cosa avrà pensato in quel momento. Probabilmente avrà capito. Nessuna possibilità di un ultimo saluto, nessuna possibilità per poter tornare indietro. Le ultime ore della sua vita in compagnia di altri disperati, ammassati nei camion che in colonna  e di fretta procedevano verso il patibolo. Addio moglie, figlio, casa, progetti, futuro. I suoi ultimi passi sul cadavere del compagno che lo ha preceduto e sotto quelli del successivo martire.
Nei prossimi post pubblicherò altri documenti trovati in cantina, poi, sempre attraverso le loro lettere, vi racconterò la storia d'amore dei miei nonni.
Spero che questo blog e la storia che vi sto raccontando contribuiscano a tenere vivi quei valori senza i quali il nostro passaggio sulla terra non ha significato:  il rispetto e l'amore per il prossimo, l'amore per la propria terra, la famiglia, e soprattutto la libertà in tutte le sue forme e colori. Viviamo il presente e ci aspetta il futuro. L'unico significato che può avere il passato è chiuso nel ricordo.

Massimo Ciancaglini

mercoledì 16 novembre 2011

1944 - Regina Coeli: Via tasso non è ormai più che il ricordo di un terribile e spaventoso incubo



Cara Mimmina,


il tuo solito brio nelle lettere contribuisce tanto a tenere alto il morale. Se tu credi posso cercare di intercedere per te presso Giosuè. Chi sa che il sole non ti sia favorevole. Ti ringrazio per quanto mia hai mandato però la matita credo che te la sia dimenticata perché non l’ho trovata. Se puoi provvedi. La carta bianca a (?) e quanto chiedo di altro, non dovete comprare nulla. Ho tutto in casa io. Quando mi mandate da mangiare attenetevi esclusivamente alla mia tessera. Non fate sacrifici finanziari, dillo anche a zia. Sono molto sollevato per il fatto del quadro. Non so se Ester te lo abbia spiegato. Ne avrai capito l’importanza anche se non hai capito il valore artistico. Non era il caso di privarti di tutta la marmellata. Non voglio affatto che facciate sacrifici. Pensa a far mangiare zia. Falla stare tranquilla e non farla arrabbiare. Vi giuro che io sto benissimo e che il mio morale è altissimo. In certo qual modo mi sento anche orgoglioso di questa avventura dato che non sono un volgare delinquente ma un novello Cesare Battisti, per quanto lui sia andato oltre il punto al quale mi fermerò io. E a proposito di Cesare gli sto facendo concorrenza anche per il pizzetto che cresce rigoglioso e mi da campo alla gioia immensa di passeggiare per le celle, fronte corrugata, sguardo linceo e terribile, col mio pizzetto fortemente stretto nel mio solito(?). Abbiamo fatto venire da casa del mio amico una bella lampadina fuori ordinanza cosicchè la cella è ben illuminata e la sera hanno luogo interminabili partite di scopa e briscola alternate. Ieri poi mi sono messo sotto le lenzuola nella branda e ho letto i giornali fino all’una. Alle sei di questa mattina ero in piedi e ora aspetto con ansia questo pomeriggio per le vostre novità. Quando puoi non mi fare mancare il giornale col solito sistema. I libri che ho chiesti li ha Ester. Anzi al prossimo viaggio ti farai dare i tre volumi della letteratura italiana che mi portate uno alla volta. Non credo con ciò di essere troppo esigente e ciò vi dimostra anche la mia calma e la mia convinzione che non mi spaventa affatto di non uscire tanto presto da qui. Ormai il più è fatto. Via tasso non è ormai più che il ricordo di un terribile e spaventoso incubo. Anche la nevrosi è in via di guarigione e non mi da più tanto fastidio. Gigi ha avuto occasione di vedermi e mi ha detto che il cuore è a posto e tutto è dipeso da un fattore nervoso. Quindi non allarmatevi per la mia salute. Credo che ingrasserò. La fame è sempre attiva al massimo punto. E quando c’è quella è segno che tutto va bene. Tu mi chiedi della tessera dei tabacchi, lassù si sono creduti in dovere di fregarmela. Mi hanno fregato il mio portafoglio con circa 300 lire e tutto quello che….

sabato 12 novembre 2011

NELLE DITTATURE COMANDA UN PAZZO, NELLE DEMOCRAZIE UN INTERO MANICOMIO" (RE)


Naomi Klein/Michael Winterbottom

L’intero documentario in inglese con sottotitoli in italiano. C’è tutto quel che dovete sapere per liberarvi dall’ipnosi e capire la Crisi contemporanea e la nomina di certe figure al governo di paesi come Grecia, Italia, Libia, Canada, ecc. ”Basato sul libro di Naomi Klein e regia di Michael Winterbottom, il documentario spiega i principali eventi della storia moderna, che generati da dittature, guerre, crisi sociali ed economiche, disastri naturali, hanno agevolato l’imposizione del “Libero mercato” in tutto il mondo … basato sulle politiche economiche di Von Hayek e del suo discepolo Milton Friedman … deregolamentazione e privatizzazione”.


Tratto da: Shock Economy: il capitalismo del disastro | Informare per Resistere http://informarexresistere.fr/2011/11/11/shock-economy-il-capitalismo-del-disastro/#ixzz1dTd1cjx6
- Nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario! 

venerdì 11 novembre 2011

1944- Regina Coeli: ....Di a mammina che ti faccia pregare tanto Gesù perché ti faccia tornare presto paparino


Renzuccio mio tanto bello, paparino tuo non fa che pensarti sempre e non vede l’ora di riabbracciarti e darti un bel bacetto e …(). Di a mammina che ti faccia pregare tanto Gesù perché ti faccia tornare presto paparino. Poi di a mammina che mi metta in serbo i 4 abiti miei nuovi e lo smoking poiché in seguito si vedrà, dato che son venuti a casa si giustificherà(?). Attenzione  a tutta la mia biancheria e abiti . Di pure a mammina che mi faccia arrivare ben nascosti un poco di biglietti da 10 lire e del tabacco. Tu cosa fai adesso? Vai a spasso con zia Anna? Non spendete pazzie con mammina ma conservate i soldi per quando vengo io perché metteremo su la nostra casetta, con questo non voglio dire che vi dobbiate privare di nulla. Ma non privandovi voi non vorrei che foste in 50 a non privarvi. Divertiti,presta attenzione a non cadere e farti male e attenzione a non ammalarti. Di a mammina che venga domani mattina. Ti bacia tanto tanto tanto con tutto il cuore paparino tuo che ti vuole bene.

mercoledì 9 novembre 2011

1944- Regina Coeli:...Cara Ester come promesso domani ti manderò una lunghissima lettera


Cara Ester come promesso domani ti manderò una lunghissima lettera purché tu mi mandi la carta che ti ho chiesto e una matita. Se Lea ti ha dato la farina fammi avere una porzione quadrupla di tagliatelle. Inoltre guarda nell’armadio di casa, dove c’è lo specchio, in quella scatola verde ci deve essere una di quelle prese dove si avvita la lampadina e ci si possono applicare anche due spine. Trovami quello che potrebbe anche essere attaccato in qualche presa, e me lo mandi assieme al fornello elettrico che ti farai prestare da Antonietta o da zia, e al quale aggiungerai un bel po’ di filo. Ti abbraccia tanto tuo Linetto.

lunedì 7 novembre 2011

1944- Regina Coeli: ....qui se vuoi qualche cosa anche un goccio d’acqua devi pagare


…fronte a Gigi, del quale accludo un biglietto per Lea. Fatevi dare la risposta e passatela a me che gliela farò recapitare io. Per le provviste Zia potrà usare anche la mia vecchia borsa di pelle, e avrà cura di incartare qualche cosa con il giornale del giorno. Voglio sapere se Ester ha avuto la divisione della casa. Zia ad ogni modo curi i suoi interessi.


Il bottiglione dell’olio lo ha il comm. Tommassini del servizio IV. Dossi mi deve 160 lire e il Cav. Agostini che Dossi conosce mi deve 350 lire. Ditemi se le avete recuperate. Ester si ricordi del quadro , pensando al primo asciugamano che vi ho restituito. Domani avrà una lettera tutta per lei. Una ne avrà zia una missionaria che ringrazio tanto per le sigarette, e una pupetto del quale voglio le foto. Non mi fate mancare le sigarette e qualche soldo , dato che qui se vuoi qualche cosa anche un goccio d’acqua devi pagare. Una barba 50 lire. Ditemi dove sono i miei stivaloni di (?), ripuliteli perché mi occorrono. Ester domandi a casa se Mario, Renzo, o altri ne hanno un paio da cedermi. Anche questo urgente, di altro nulla. A zia domani esternerò come meglio posso la mia riconoscenza, e raccomando a Ester di essere sempre più riconoscente, e faccia conto di avere davanti a lei la sua madre alla quale voleva tanto bene. Ed ora basta . Gigi sta bene. Gli ho passato un uovo, e che Lea se possibile gli mandi subito qualche cosa che metterete nella mia borsa. Non fatemi mancare le notizie e la carta bianca. Baci a tutti dal vostro Lino.

mercoledì 2 novembre 2011

1944-Regina Coeli: ..............non so se ti rivedrò mai più.



Piccola stellina mia,


bé cosa vuoi? Oggi penso troppo alle stelle e mi sono ricordato che nel firmamento tu brilli sempre più fulgida. La tua lettera di ieri mi ha tolto dall’ansia e dall’incubo della mia solitudine. Ma con tutto ciò non ritiro quanto ho detto nella mia di ieri. Ve lo meritate tutti. Prima ancora che mi dimentichi non ti consiglio di ritornare da Pirotta in quanto credo gli dobbiamo qualche cosa. Ma perché la necessità di questa visita? Non stai bene? Dimmi tutto per carità, affinché io ti possa stare vicino anche con i consigli. Fatti vedere da Ottavio se necessario o vai da un ‘altro buono cercando di fargli capire il difetto che ti hanno trovato e facendogli tutta la cronistoria della tua precedente avventura. Se vuoi posso scrivere a zia io di quanto accade. Fammelo sapere e fammi sapere quanto ti dice il dottore. Non puoi immaginare quale spasimo mi procuri questa mia forzata lontananza e specialmente in questi momenti: non so se ti rivedrò mai più.. quanto mi scrivi dell’avvocato non mi convince. Perché mi dici che per ora la faccenda non è tanto imbrogliata? Quale pericolo c’è che si imbrogli? Per quale ragione? Allora esiste un imbroglio? A questo mi portano i vostri mezzi termini e la vostra mancanza di sincerità. Senza contare il male che fate a non tenermi al corrente di tutto, affinché io sia pronto a qualsiasi evenienza e anche per acquistare più serenità e maggior tranquillità. Dovresti capire che una volta messo di fronte al fatto compiuto un individuo si prepara a tutte le evenienze. Quindi siate precisi e tu non mi nascondere nulla. Quanto avete già dato all’avvocato? Vinaty è molto quotato e molto portato in palmo di mano presso il tribunale. L’altro chi è? Scrivimi tanto tanto e a lungo e rispondi a tono. Ancora aspetto il vostro parere e il vostro consiglio circa il passo che voglio fare. Se riesce credo che sia l’unica via di salvezza. Cosa ne dici?

In attesa di tua ti bacio tanto tanto tuo Lino.



Le sigarette che comprate per il mio compagno di cui avete la tessera che siano nazionali e non Giulia. Un pacchetto è anche per me. Mandatemi la ricevuta del vaglia. Vi sarei anche molto grato se mi faceste avere gli stivaloni di cui ho assoluto bisogno.

mercoledì 26 ottobre 2011

1944- Regina Coeli: Quello che ti raccomando è di non illuderti sul mio ritorno in quanto al tempo



Piccola mia,


è tanto tempo che ti sono ormai lontano. Ho solo qui il conforto(veramente immenso) delle vostre fotografie. Mi riguardo continuamente Renzuccio nostro, e mi convinco sempre di più che fra tutte le nostre disgrazie, i nostri dolori, le nostre sofferenze, Iddio ci ha voluto dare la prova lampante che non si è dimenticato di noi, facendoci avere quanto di meglio potevamo aspettarci nei riguardi di pupetto. Cerca di non farlo guastare, insegnali ad essere sempre buono e docile com’è. Fagli leggere le mie lettere, convincilo insomma che paparino suo è sempre vicino. Distrailo molto, perché è tanto sensibile, e sono sicuro che anche lui soffre della mia lontananza. È l’unico tesoro veramente di valore che abbiamo. Conserviamolo senza farlo rovinare. Ricordati che non deve essere allevato con le botte. Non voglio assolutamente. Che nessuno me lo tocchi, perché io da qui uscirò , e prima di entrare non ho regolato tutti i miei conti. Li regolerei dopo. Per te non ho altre raccomandazioni da farti che le solite. Non fumare. Mangia pensando a quello che ti aspetta. Ti sarò vicino, ma bisogna che sin da ora ti prepari un terreno favorevole. Non parlare troppo con nessuno. Non ti mettere troppo in evidenza, e mi raccomando sta lontana dalle attenzioni e dall’interessamento degli amici e dei colleghi. Aspettami tranquilla, fiduciosa. Prega la Madonna (che mi ha salvato dal peggio) che faccia uscire presto Linetto tuo, e fatti trovare da me più bella e più innamorata (se possibile) di prima. Quello che ti raccomando è di non illuderti sul mio ritorno in quanto al tempo. Io so no pronto a lunghi mesi di attesa, e sarei felice se potessi esserti vicino per quando sarà tempo. Quindi in gamba, e ricordati che zia in questo momento è per te il tuo angelo custode. Scrivimi a lungo tutti i santi giorni e fammi scrivere da Renzuccio. Nella tua mi dici di non aver dimenticato nulla. Tesoro mio hai dimenticato tutto, perché non mi hai mandato nulla. Desidero i miei bocchini. Diversi (?) di quella carta mia bianca. La matita automatica. Quel libro che ho nello studio. La vita di Gesù Cristo, e quanto altro ho chiesto nelle lettere indirizzate in comune. Provvedete per bacco, perché se no senza leggere o scrivere il tempo non mi passa mai. Mi raccomando gli stivali. Sono di un’importanza estrema. Nel cassetto della scrivania, avevo lasciato diversi pacchetti da 20 di sigarette. Sono senza fumare e non ho tessera. Tu mi conosci e sai quanto io possa soffrire. Procura di provvedere. E per l’amor di Dio scrivimi. Non si tratta che di riempirmi la giornata. Poi non ho bisogno neppure che mi mandiate da mangiar. Come stai a finanze? Assieme a pupetto ti bacia tanto tanto Linetto tuo.

sabato 22 ottobre 2011

1944- Regina Coeli : Tutta la mia spensieratezza s’è infranta nell’urto contro la vera vita.





Mia piccola Madonna,


è con la stessa disperazione del moribondo che si attacca alla vita , che io mi stringo a te. Come un naufrago si aggrappa rabbiosamente all’unico relitto di nave che potrà salvarlo da morte, io così disperatamente mi aggrappo a te per salvarmi. A te così cara, a te così buona, che con il tuo amore, con la tua passione sai ancora darmi la gioia e lo scopo di vivere. Sono anche io quasi un naufrago della vita, di questa insulsa, di questa stupida, di questa miserabile vita,che dopo aver maledetto, benedico. Amore mio non puoi ancora capire il mio stato d’animo, e i tremendi periodi di burrasca che sono costretto ad attraversare. Non hai ancora idea delle lotte tremende che da solo, completamente da solo, devo combattere. Tutta la mia bella filosofia è caduta stupidamente di fronte alla dura realtà. Tutta la mia spensieratezza s’è infranta nell’urto contro la vera vita. La vita di tutti, la vita che non ho mai voluto immaginare, che non ho mai conosciuta. Quest’ira repressa che è in me, questo spirito di ribellione impotente,non è se non il frutto di chi ha tutto perduto. Chi è abituato a vincere, credo non potrà mai assoggettarsi alla vita del vinto. Il mio orgoglio sconfinato, il mio spirito indipendente, il mio isolamento completo su tutto ciò che mi riguarda, la mia frenesia di agire solo per assaporare la soddisfazione unicamente mia dello scopo raggiunto, mi ha portato al punto di essere mal giudicato, di non essere compreso, di apparire forse anche pazzo. Imbevuto di teorie individualistiche assolute, mi sono buttato a corpo morto in un esperimento che mi affascinava. Raggiungere il superuomo creato da me, in me stesso. Ed in questo mi sono talmente immedesimato da condurre la mia lotta sorda inebriandomi di ogni mia piccola conquista. Ciò mi ha completamente astratto dalla realtà, nella quale sono caduto così bruscamente, dopo anni di studio,da infrangere ogni più piccola illusione senza più poter distruggere la mia maniera di vivere, inadatta alla nuova posizione che dovevo occupare nella vita. Icaro, lo stesso che aveva aspirato ad altezze troppo elevate, ha trovato la morte sul suo insulso tentativo. E io nel mio sogno dorato ho dimenticato di valutare in giusta misura quelle che avevo considerato inezie trascurabili; e ho trovato la morte dello spirito. Ma dalle ceneri ancora calde di questa salma,è rinato un nuovo spirito, che tu devi educare, devi plasmare,devi fare crescere sano. Ed è con questo nuovo spirito, sotto una nuova luce non falsata da idee anormali, ma che vuol vivere la nuova vita serenamente,che io mi rivolgo a te. A te che amo tanto, a te a cui voglio sacrificare tutte le mie idee di grandezza, di superiorità spirituale ed intellettuale, e per cui inizierò una nuova vita. Il trapasso è purtroppo un po’ brusco,per cui vedrai ancora affiorare sul mio viso il malcontento, il rammarico, la ribellione. Ma i tuoi occhi sapranno illuminarmi,la tua parola dolce saprà cullarmi, in un’estasi di pace, la tua stessa presenza infonderà tanta fiducia in me stesso, che inizierò volentieri la nuova vita, lottando sempre per la tua felicità, per il nostro amore. E il mio orgoglio rifiorirà, ma sarà quello di saperti fare ogni giorno più felice.

Caro tesoro per sommi capi la mia confessione.

Ho voluto raggiungere cose più grandi di me,ma sotto il loro peso sono rimasto schiacciato. Per non confessare la mia sconfitta, ho fatto cose assurde, che mi hanno fatto perdere anche l’ultimo sogno di grandezza e di supremazia, finché mi sono trovato in terra, nelle stesse condizioni di una belva chiusa in trappola, che nella sua irrequietezza ruggendo si lancia impotente contro le sbarre della gabbia.

Ed ecco la mia irrequietezza, la mia rabbia repressa, il mio nervosismo, il mio odio contro tutti e contro me stesso il mio continuo malcontento.

Tu sola sai questo ed ora potrai capirmi e compatirmi.

Gli altri arzigogolano, credono, suppongono,ma io mi trovo ancora troppo lontano da loro e dai loro giudizi e congetture sbagliate. Soprattutto non lasciarti influenzare da false notizie che possono sembrare spassionate ma che sono false.

Neppure i miei hanno mai conosciuto il mio animo.

E ora non voglio e non posso dirti altro. Lo splendore dell’impresa tentata potrebbe ancora affascinarmi, e non voglio assolutamente.

Sono un uomo comune, ed in mezzo alla comunità devo vivere. Sarà solo il tuo amore che potrà farmi salire alle stelle



Con immenso affetto ti bacia tanto tanto

Lino tuo

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