Caro Pippo Baudo, via Rasella non fu un attentato terroristico
RAI: ANPI A PIPPO BAUDO, VIA RASELLA NON FU ATTENTATO TERRORISTICO
(AGENPARL) - Roma, 10 lug -
Lunedì 8 luglio è andato in onda su Rai Tre in prima serata il programma ‘Il viaggio’, con Pippo Baudo. Al suo interno è stato dedicato un servizio al Sacrario delle Fosse Ardeatine nel quale il presentatore Baudo ha intervistato il maggiore dell’Esercito Italiano Francesco Sardone. Purtroppo ancora una volta, parlando di via Rasella, si sono rappresentati i fatti come se si fosse trattato di un attentato terroristico, e non di una "legittima azione di guerra partigiana", come è stato riconosciuto più volte dalla Corte di Cassazione italiana e da numerosi tribunali. Dispiace che uno dei più noti volti della TV italiana abbia scelto, ponendo le domande, di porre l’accento su presunti fatti poco chiari ancora oggi, quando la verità storica dovrebbe essere oramai riconosciuta e sedimentata. Ma le imprecisioni e i commenti equivoci non finiscono qui. Baudo, parlando di Don Pietro Pappagallo, dice che lui non c’entrava nulla! E’ vero, come innocenti però furono tutte le 335 vittime: non ci furono innocenti più di altri. Inoltre dobbiamo correggere il maggiore Sardone, che ha raccontato che dopo l’8 settembre del ’43 i Gruppi Armati Proletari cominciarono a compiere attentati contro i tedeschi, evidentemente confondendo i G.A.P. , Gruppi di Azione Patriottica responsabili dell’azione di via Rasella, con i Gruppi Armati Proletari, gruppo terroristico degli anni di piombo. Parlando della rappresaglia, le domande di Baudo sembrano legittimare le presunte leggi di guerra, solo in parte spiegate dal maggiore dell’Esercito, continuando a diffondere l’dea sbagliata che si potessero uccidere 10 persone per ogni militare morto. Baudo afferma: ”Dobbiamo dire la verità, sui fatti ancora si discute… gli autori non si sono mai presentati, anzi, sono stati insigniti di medaglia d’oro ed alcuni hanno fatto i deputati”. In realtà l'eccidio fu compiuto dai tedeschi in gran segreto e in tempi rapidissimi (21 ore dopo l'azione), in combutta con la polizia fascista, che consegnò alle SS di Kappler una parte delle vittime. Non fu rivolto alcun appello a consegnarsi agli autori dell'azione di via Rasella nè vi fu alcun preavviso della rappresaglia. Proprio per celare il posto dell'eccidio, i tedeschi fecero esplodere delle bombe all'ingresso delle cave Ardeatine. Ricordiamo quindi a Baudo, nel '70 anniversario della Resistenza, e a tutti i cittadini italiani che lo hanno ascoltato, che la verità è un’altra ed è stata definitivamente stabilita dai tribunali.
Lo rende noto l' ANPI Roma.
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Su via Rasella, la Suprema Corte di Cassazione: < Definire "massacratori" i partigiani è diffamazione. Fu una legittima azione di guerra contro il nemico occupante >
ROMA (22 luglio 2009) - Commette diffamazione chi definisce «massacratori» i partigiani che, il 23 marzo 1944 condussero l'attacco di via Rasella contro i soldati nazisti occupanti. Lo stabilisce la Corte di Cassazione, accogliendo la richiesta di risarcimento danni morali avanzata nei confronti del quotidiano Il Tempo da Elena Bentivegna, figlia della gappista Carla Capponi e di Rosario Bentivegna, due dei partecipanti all'azione di via Rasella, alla quale seguì la rappresaglia delle Fosse Ardeatine. I partigiani, secondo la Suprema Corte, non furono dei «massacratori di civili», ma compirono una «legittima azione di guerra» contro il nemico occupante.
La Cassazione - con la sentenza 16916 - ha contestato la decisione con la quale la Corte d'appello di Roma, nel 2004, aveva respinto la richiesta di risarcimento danni avanzata da Elena Capponi nei confronti del quotidiano Il Tempo. Il giornale aveva definito «massacratori di civili» i partigiani del commando di via Rasella, ritenendo legittimo l'uso di un simile termine in quanto quell'azione era «un gesto certamente violento, per sua natura finalizzato a cagionare orribile morte a una molteplicità di persone: si trattava di un inutile massacro». Ma i giudici di Piazza Cavour hanno ordinato alla Corte d'appello di rivedere il suo giudizio in quanto si tratta di un'affermazione «lesiva della dignità e dell'onore dei destinatari» mossa dall'intento di «accostare l'atto di guerra compiuto dai partigiani all'eccidio di connazionali inermi» (le oltre 300 vittime della strage delle Fosse Ardeatine).
«Ora non è più consentito a nessuno definire come “massacratori” i partigiani di via Rasella: si può esprimere un giudizio critico su quell'azione di guerra, e sottolineo di guerra, ma non si possono usare certi termini anche perchè non ci fu alcun massacro di civili, ad eccezione di un ragazzino rimasto ucciso con tutta probabilità da una raffica di mitra sparata dai tedeschi». Così l'avvocato Ettore Boschi - che ha difeso la memoria di Carla Capponi - ha commentato la sentenza. «Carla Capponi era una donna di gran cuore - aggiunge Boschi - che ha sofferto moltissimo per questi insulti, lei che non si è mai lamentata di tutte le malattie contratte per gli stenti della clandestinità e la durezza della lotta partigiana. Nel nostro Paese, purtroppo la verità storica ha sempre difficoltà ad essere riconosciuta, mentre i distinguo e l'ingiuria hanno il sopravvento».
«Su via Rasella, finalmente, si ristabilisce la verità: chi punta a fare becero revisionismo - interviene Alessandro Pignatiello del PdCI -, a diffamare e a riscrivere la storia d'Italia e della lotta di Liberazione, non potrà prescindere da quanto sancito dalla Suprema Corte che rende giustizia a chi lottò per la democrazia e la libertà».
Da Il Messaggero
http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=66818&sez=HOME_INITALIA#IDX
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