“Scintilla”, la Resistenza Romana nelle Memorie di un Fioraio Partigiano [Video]
Nell’era dello spread, degli hedge-fund e del debito sovrano fa piacere leggere italianissimi racconti di idealismo e umanità tratti dal vissuto della nostra storia.
È il caso di “Scintilla nella Resistenza Romana”, un libro pubblicato da Franca Raponi per le Edizioni Associate. Non si tratta della solita rivisitazione della Resistenza vista con gli occhi del mondo attuale.
L’autrice utilizza le sue memorie familiari e il materiale lasciatole dal padre Agostino Raponi per regalarci un racconto estremamente vivo, nel linguaggio come nei contenuti, in cui spesso aneddoti apparentemente insignificanti rendono perfettamente l’idea di cos’era vivere la lotta armata e la clandestinità non solo nel corso delle azioni di guerriglia ma anche nella quotidianità.
Particolare risalto all’interno delle testimonianze contenute nel libro è attribuito al ruolo delle donne, che condividendo i rischi, gli arresti e le torture con i loro uomini sono state protagoniste e non solo comprimarie della lotta partigiana.
Le vicende del fioraio Agostino Raponi e della Quinta zona del Pci in via Catanzaro 1/3 – questo il sottotitolo del libro – regalano anche uno spaccato della Roma di quegli ultimi anni del regime. Una Roma assediata e affamata ma sempre viva, con i suoi abitanti pronti a tirare fuori dal cilindro ogni riserva di ingegno per ingannare l’invasore o semplicemente sbarcare il lunario.
Mette persino tenerezza l’idealismo di Agostino Raponi, che dopo l’8 settembre, dal carcere, redarguiva la moglie intenzionata a comprare la casa di via Catanzaro con l’aiuto di uno zio perché i proprietari, terrorizzati dai bombardamenti, la vendevano a un prezzo d’occasione: “Che sei matta?”, urlò il partigiano alla consorte, “Ora che la guerra finisce la casa dev’essere un diritto per tutti! Io sono in carcere per questo, per difendere questi diritti e per una nuova giustizia sociale!”.
Come ha scritto giustamente Margherita Hack nella sua prefazione, questa “non vuole essere un’opera letteraria ma solo un documento vissuto in prima persona e un invito a NON DIMENTICARE. La democrazia è un bene che dobbiamo sempre difendere perché non abbiamo mai garanzia di averla conquistata per sempre”.
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